articolo di Ombretta Costanzo
Ogni domenica mangio ricotta. Il sabato compro una fuscella che divido in due parti, una nell’eventualità che mi vada di affondare in modo estemporaneo il cucchiaio, l’altra ha il destino di essere inesorabilmente frullata con lo zucchero e una goccia di malvasia per trasformarsi in nettare degli dei con cui riempirò le scorze. Dunque, con lo sguardo diretto al frullatore e concentrata sul rumore cadenzato delle lame impazzite, tra vari perché esistenziali e opprimenti mi sono fermata sul principio secondo cui la ricotta sia così fortemente associata alla cialda del cannolo e soprattutto chi lo ha deciso.
«Tubus farinarius, dulcissimo, edulio ex lacte factus», lo definì Marco Tullio Cicerone
Da qui una girandola di improvvise curiosità sulle iniziative culinarie della mia isola. Ho atteso che le lame si calmassero, ho versato in un bicchiere la mousse e ho aggiunto gocce di cioccolata fondente (a me piace l’amaro), barra ricerca Google e “origini cannoli siciliani”. Tutto parte da qui.